Quelli che hanno portato il calcio pulito a Roma


E’ degno di stima quell'individuo che si è distinto da altri per aver raggiunto la vetta di una montagna attenendosi a una corretta condotta etica e morale. Come se fosse un monito, quasi alla stregua di un anatema, ciò è quanto dovrebbe esser scritto sulla targa d’ingresso di ogni centro sportivo.
Di certo il barone Pierre de Coubertin si sarà rivoltato più volte nella tomba dopo aver assistito, dall’aldilà, ai riverberi nefasti e grotteschi del calcio italiano. Uno sport tanto amato, ma altrettanto macchiato da turpi soggetti che dell’illegalità della truffa e del calcio scommesse hanno fatto un modus operandi. E’ bene ricordare che le più turpi vicende ruotate attorno al pallone salirono alla ribalta delle cronache nazionali nei primi anni ottanta, con lo scoppio del Totonero prima e del Totonero-bis qualche anno più tardi. 

Entrambi gli scandali riguardarono un giro di scommesse clandestine, nel quale furono coinvolti direttamente società calcistiche come la Lazio e giocatori disposti ad alterare il regolare andamento di gare e tornei per favorire l'esito di ingenti giocate illegali; dopo un processo sportivo vennero penalizzate varie società professionistiche con la retrocessione a tavolino o con punti di penalizzazione da scontare nella stagione successiva, e vennero radiati o squalificati molti giocatori e dirigenti, In questi ultimi mesi i media hanno fatto più volte riferimento a quanto accadde nel 1980, il primo grande scandalo di partite truccate e scommesse clandestine in Italia. Chi avrebbe mai ipotizzato che quasi 30 anni fa un evento simile si sarebbe ripetuto con la stessa preponderanza. 

I posteri raccontano che lo scandalo del 1980 cominciò in modo piuttosto spettacolare. Il 23 marzo 1980, mentre si giocava la 24esima giornata di Serie A e 27esima di Serie B, la polizia fece irruzione su alcuni campi da gioco dove erano in corso partite di squadre e calciatori sospettati dai magistrati di attività illecite. Le immagini degli arresti e delle operazioni della polizia vennero persino trasmesse in diretta dalla celebre trasmissione sportiva della RAI “90° minuto”. 

Quel 23 marzo e nei giorni successivi vennero arrestati 13 calciatori di serie A e B, alcuni anche molto famosi: Stefano Pellegrini (Avellino), Massimo Cacciatori, Bruno Giordano, Lionello Manfredonia, Giuseppe Wilson (Lazio), Claudio Merlo (Lecce), ed altri giocatori di A. Tutti venero trasferiti a Roma per essere interrogati: l’accusa contro di loro era truffa aggravata e continuata. 

Gli arresti vennero decisi dopo che l’1 marzo 1980 era accaduto un fatto decisivo per l’intera vicenda. Quel giorno il ristoratore Alvaro Trinca e il fruttivendolo Massimo Cruciani fecero una denuncia alla Procura di Roma: i due sostenevano di esser stati truffati da 27 calciatori (22 di serie A, 5 di B) che dopo aver ricevuto da loro molto denaro per falsare i risultati di alcune partite non avrebbero rispettato i patti. A causa del loro comportamento, Trinca e Cruciani avevano contratto notevoli debiti con gli allibratori delle scommesse clandestine (il “Totonero”, appunto). Tutto era cominciato addirittura nel 1974, come poi avrebbe spiegato lo stesso Trinca: 
“La mia storia disgraziata comincia sei anni fa, nel 1974, quando in una stessa settimana venni avvicinato a più riprese da alcuni scommettitori clandestini: una volta vennero al mio ristorante “La Lampara”, un’altra mi diedero appuntamento in un bar sotto casa, una terza c’incontrammo a via Veneto. lo sapevo già da allora che intorno al calcio si muoveva un vorticoso giro di miliardi legato alle scommesse clandestine. Loro sapevano che ero amico di tanti calciatori, che Antognoni della Fiorentina, Giordano e Manfredonia della Lazio, Capello del Milan e altri ancora mi avevano invitato al loro matrimonio. Sapevano molte cose su di me e così non mi stupii quando questi signori, mostrandomi la loro schedina e le loro quote, mi invitarono a scommettere su una partita del campionato di calcio”. 

Per concludere questa nostra breve riflessione è interessante capire a distanza di tanti anni il ruolo di Claudio Lotito, espresso in suo scritto dal giudice Stefano Palazzi: 
Il presidente della Lazio Claudio Lotito per favorire una migliore posizione in classifica della sua squadra ha intessuto costanti e pressanti rapporti con rappresentanti dei vertici federali affinché questi esercitassero pressioni sui designatori arbitrali. Tali condotte in considerazione della posizione di preminenza di tutti i soggetti coinvolti nella vicenda avevano lo scopo di garantire a Lotito i favori 
arbitrali necessari al raggiungimento del suo fine illecito sotto il profilo disciplinare. 

La confessione di Mazzini Il procuratore federale riporta testualmente quanto raccontato da Cosimo Maria Ferri ai giudici di Napoli: Qualche giorno dopo la partita Chievo Lazio o Lazio Chievo io parlai con il Mazzini, non so se telefonicamente o da vicino, e lui disse che aveva favorito la Lazio facendo designare un arbitro toscano che mi pare essere Rocchi... e ricordo di averne parlato con Lotito e ricordo pure che lui mi confermò, magari non in termini espliciti, che Rocchi aveva arbitrato la partita in favore della Lazio.



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