So daa lazie perché...

Normalmente non amiamo protrarre polemiche con persone incapaci di comprendere, ascoltare opinioni altrui ed non in grado di reggere un confronto mantenendolo nei limiti della buona educazione. Per questa volta però faremo un’eccezione, visto che siamo stati chiamati in causa più volte da un nostro simpatico frequentatore che pontifica e spara le sue sentenze niente popò di meno che dalla calda Florida, presso l’amena località residenziale di Port Orange.
Riprenderemo così per l’ennesima volta il discorso dell’ormai famosa Piazza della Libertà. Chi ci segue sa benissimo qual è la nostra opinione in merito, tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento questo luogo non era altro che uno slargo in terra battuta tra l’aperta campagna e i cantieri in costruzione per quello che sarebbe diventato il futuro Rione Prati.
Proprio in merito a “Prati”, è doveroso fare una precisazione: molti tifosi pigiamati hanno fatto della facile ironia sulla nostra affermazione che tale denominazione nascesse proprio dal fatto che in luogo prima dell’urbanizzazione esistessero per l’appunto dei “prati” o per meglio dire dei campi coltivati. Purtroppo il tifoso laziale medio non ama molto gli approfondimenti si sa, vive di verità assolute, frasi fatte che ama ripetere all’infinito per non sentirsi controbattere e si crogiola nelle sue semplici superficialità. Sarebbe stato sufficiente fare una semplicissima ricerca su un sito popolare e di facile consultazione come Wikipedia per rendersi conto che quanto detto in merito al nome del quartiere corrispondesse alla verità:
“In epoca romana il territorio dell'odierno rione Prati consisteva in vigneti e canneti facenti parte delle proprietà di Domizia, moglie di Domiziano, da cui la zona prese il nome di Horti Domitii ("Orti Domiziani") e in seguito di Prata Neronis ("Prati di Nerone"). Durante il medioevo la zona prese il nome di Prata Sancti Petri ("Prati di San Pietro") in riferimento all'adiacente basilica vaticana.
Fino al 1870 vi si estendeva una vastissima distesa di prati naturali, di campi e anche di paludi, punteggiata, soprattutto nella zona delle pendici di Monte Mario, da qualche casale e per il resto completamente deserta, conosciuta come Pianella di Prati o Pianella d'Oltretevere, o ancora Prati di Castello (in riferimento a Castel Sant'Angelo).”

A partire dal 1870, quando Roma fu annessa al Regno d’Italia, si diede vita una pianificazione urbanistica che stabilì di sfruttare quella zona di campagna aperta a ridosso di Castel Sant’Angelo per costruire un nuovo rione in stile “umbertino” che potesse ospitare i la nuova classe governativa italiana.
Tornando a noi e alle accuse, quest’oggi vi proponiamo un’importante documentazione fotografica tratta dal medesimo sito (http://www.archiviocapitolinorisorsedigitali.it/scheda_doc.php?IDA=63&IDF=456&PS=43&PR=25&PB=5&SF#&SV=&OB=Data&OM=) dal quale sono state estrapolate le mappe.
Vi mostriamo due immagini della zona incriminata scattate soltanto un anno prima della piantina sbandierata con tanto orgoglio dai nostri arguti amici dalla quale si evince quale fosse la reale situazione e come si presentassero Piazza della Libertà e il Quartiere Prati all’epoca.
Cosa si vede nelle due immagini? Il cantiere del Ponte Margherita (che sarà inaugurato nel 1891) e un terreno brullo che partiva dai palazzi in costruzione in lontananza e terminava proprio sulle rive del fiume Tevere. Era in pratica una spianata in terra battuta circondata da cantieri di edifici in costruzione e vegetazione spontanea.
Per coloro che ci hanno segnalato che nella legenda appare il termine "quartiere" ultimato, ribadiamo che nell'Ottocento quel termine non aveva lo stesso significato moderno coniato nell'arco dello sviluppo urbano del Novecento. Stava ad indicare un insieme di edifici e infrastrutture che costituiva un'unità minima di urbanizzazione. Quattro palazzi affiancati potevano esser quindi denominati all'epoca "quartiere".
Per concludere, completiamo la carrellata di immagini con una bella foto dei primi del ‘900 tratta dall’archivio di “Roma Sparita” (http://www.romasparita.eu/foto-roma-sparita/41510/ponte-margherita-4) che ci mostra come, dopo 12 anni dalle prime foto con il Ponte Margherita ormai concluso, la situazione fosse rimasta pressocché invariata nella zona ed oltre ad un paio di abitazioni solitarie si perde l’occhio verso la campagna e in lontananza la caserma di Piazza d’Armi, mentre proprio ai bordi del fiume compare bello e splendente un modesto capanno come ce n’erano tanti sul Tevere, qualcuno fungeva da sede di prestigiosi circoli e qualcun altro dal nome buffo e grottesco, faceva da punto di ritrovo di un gruppo di poveri sfigati con la fissazione delle maratone e del podismo.


Laziese S.TURELLA.TI le recchie!

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